Ci sono i panni stesi ad asciugare al sole, e non importa che panni siano. Sono vestiti, sono drappi, sono lenzuola bianche e sono saari. I panni stesi sono un’esplosione di colore, a Varanasi.
Varanasi in sè, è un’esplosione.
Di gente, di mendicanti, di preghiere, di suoni, di odori forti, di vicoli maleodoranti, di piedi nudi sull’asfalto, di cortei religiosi, di scimmie, di cani randagi.
Un’ esplosione di chi si lava al sole, di chi venera una divinità, di mucche, di funerali, di legna da ardere, di defunti, di uomini rasati, di uomini in lutto, di donne in lutto, di famiglie in lutto.
E’ la città del Gange, il fiume sacro.
E’ la città dove vita e morte si incontrano quotidianamente. E non hanno nulla da nascondersi.
Occhi ingenui seguono un aquilone lì dove un corpo sta ardendo tra le fiamme. E tra i corpi mucche consumare il loro pasto. Pasto di ghirlande di fiori color arancio.
Domani sarà grande festa. Domani sarà il matrimonio di Shiva. E le strade sono sciami di persone e musica, si fa fatica a camminare.
Varanasi e’ la citta’ dove ogni sera si celebra l’Aarti, cerimonia in offerta della divinità. E’ la città dove ogni sera si riunisce la folla per assistere al rituale e al canto devozionale che lo accompagna. Dove si pesa la legna per il defunto, e dove solo le famiglie ricche si possono permettere il sandalo. Dove i paria si devono occupare del fuoco sino all’ultima fiamma.
E’ una città sporca. E forte.
E’ una città in cui si spende tempo ad osservare il via vai del quotidiano, a passeggiare all’alba tra i ghat, a farsi accompagnare per un giro in barca a remi, e ad osservare il ciclo naturale delle cose.